Ogni organismo vivente è quindi profondamente condizionato dal suo contesto. La biodiversità è di fatto un termometro che misura lo stato di salute del pianeta perché riflette l'equilibrio degli ecosistemi e la stabilità delle relazioni che vi sussistono.

 

Le attività incontrollate dell’uomo degli ultimi decenni (deforestazione e alterazioni nell’utilizzo del suolo, inquinamento, sovrasfruttamento delle risorse, introduzione di specie invasive in habitat estranei, cambiamento climatico) alternano questo equilibrio causando la perdita di biodiversità con conseguenze per gli ecosistemi ma anche per l’uomo che, di fatto, ne è parte. Parliamo di effetti negativi quali:

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• La riduzione della resilienza e l’aumento della vulnerabilità a malattie, specie invasive e stress ambientali;

• L’impatto sull’agricoltura, sulla sicurezza alimentare e sulla salute umana;

• La degradazione o la perdita di servizi ecosistemici fondamentali (per esempio la regolazione climatica, la fotosintesi, il ciclo dei nutrienti e dell’acqua, l’impollinazione e la dispersione dei semi)

• La perdita di specie e habitat con impatti diretti, in ambito culturale ed economico, su molteplici settori (es. turismo, industria farmaceutica, cosmetica etc).

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Cambiamento climatico e crisi della biodiversità sono interdipendenti e si influenzano reciprocamente. Il primo produce alterazioni drammatiche della biodiversità in seguito all’aumento delle temperature, all’alterazione delle precipitazioni, agli eventi metereologici estremi, all’innalzamento del livello del mare, allo scioglimento dei ghiacciai.

 

Dall’altra parte la perdita di biodiversità diminuisce la resilienza e la capacità di adattamento degli ecosistemi alle variazioni climatiche.